La conoscenza nell’Islàm
Per tutti i musulmani è un dovere lottare contro sé stessi per la conoscenza. Questo perché sforzarsi nel farlo porta il musulmano ad avere un maggiore controllo di sé stesso, ad avere un maggiore impegno nell’accettare e compiere la fede, ad avere un migliore comportamento e a sapere quando poter agire. Questo sforzo è considerato…
Per tutti i musulmani è un dovere lottare contro sé stessi per la conoscenza. Questo perché sforzarsi nel farlo porta il musulmano ad avere un maggiore controllo di sé stesso, ad avere un maggiore impegno nell’accettare e compiere la fede, ad avere un migliore comportamento e a sapere quando poter agire.
Questo sforzo è considerato il migliore che un musulmano possa compiere, meglio di quello fatto in battaglia, perché lascia il segno attraverso le sue parole e il suo modo di agire e può essere anche appreso da chi non è un fedele mussulmano.
Per questo l’Islam incoraggia e promuove l’idea di imparare, porre domande e sforzarsi di migliorare sé stessi attraverso l’acquisizione della conoscenza.
Il profeta Muhammad, che Iddio lo benedica, ha detto: “Cercare la conoscenza è obbligatorio per ogni mussulmano” e anche “bisogna cercare la conoscenza dalla nascita fino alla morte”.
Ma non solo il Profeta, che Iddio gli doni misericordia, ci ha parlato di avere la conoscenza, nel Libro Sacro che mai è stato cambiato e che riporta le parole di Iddio il sempre esistito, vi sono numerosi versetti che ci esortano a compiere tale sforzo.
Non riesco a riportare tutti i versetti, sono tanti, solo nella surat la Giovenca, per esempio, ve ne sono almeno 10, senza considerare intermezzi come nel versetto del Trono, ayat al Kursi.
La prima rivelazione che l’arcangelo Gabriele fece a Muhammad, il Sigillo dei profeti, fu nella grotta di Hira, sul monte Jabal anNour, a Makkah, la notte che intercorre tra il 26 e il 27 del mese di Ramadan dell’anno 609 (22 dicembre) furono 5 versetti dove si parla della conoscenza, il significato in italiano: “Leggi! Nel Nome del Signore che ha creato! (1) Che ha creato l’essere da un grumo. (2) Leggi! Perché il tuo Signore il Nobilissimo (3) ha istruito il calamo (4) e ha insegnato all’essere umano ciò che ignorava. (5)”, questa è la surat AlAlaq (Il Grumo)
Se andate a leggere, potrete soffermarvi meglio sulle parole: “leggi nel nome del tuo Signore”, “calamo” e “insegnare”. Il calamo è la penna, con la penna si tramanda la conoscenza, che è stata insegnata da Iddio all’uomo che non sapeva nulla e nel suo nome bisogna tramandarla perché da Lui proviene.
Già all’inizio della rivelazione viene detto, consigliato ai mussulmani di ricercare la conoscenza e chiedere a Iddio di poterla ottenere mostrandoli gratitudine per questo.
A conferma che la conoscenza esiste solo se la si ricerca in Iddio vi è un altro versetto che ha un immensa importanza, di cui vi sono libri su libri scritti per spiegarne il significato, esso è Ayat alKursi, il versetto del Trono, il numero 255 della surat AlBaqara. Oltre ad essere più volte ripetuto per il suo beneficio che è immenso, al suo interno vi è una parte che recita: “E della Sua scienza colgono solo ciò che Egli vuole”. Dimostrazione che solo Iddio può donare la scienza e in lui bisogna cercarla.
Non solo il mussulmano deve ricercare la conoscenza nel suo Signore, ma egli deve divulgarla, impararla per poi trasmetterla alle genti: “Da ogni tribù venga un gruppo a istruirsi nella religione per poter al ritorno informare la sua gente”, versetto 122 di surat AlImram. Ecco perché è compito di ogni persona che impara, lasciare la sua conoscenza a tutti, si conferma ciò che fu rivelato per la prima volta a Muhammad, che Iddio lo benedica, nei cinque versetti della surat “Il Grumo”.
Ma anche lo sforzo per imparare è tenuto in considerazione, perché è un bene per la comunità e per sé stessi, come ho accennato all’inizio del discorso, tanto che coloro che lo fanno, saranno tenuti in considerazione da Iddio rispetto agli altri: “Ma quelli che compiono lo sforzo in favor Nostro, li dirigeremo per Nostre vie e, certo Iddio è con quelli che compiono il bene”, versetto 69 di surat Al’Ankabut e versetto 11 di surat AlMujadala: “Iddio alzerà in grado quelli di voi che credono e quelli che avranno ricevuto la Scienza. Iddio è ben informato su ciò che fate”.
Iddio l’Altissimo ha infinita conoscenza rispetto a me e, nel mio piccolo chiedo perdono per i miei errori.
Avendo accennato a quanta importanza ha la conoscenza nell’Islàm, è doveroso dire che nel mondo in cui noi viviamo in occidente, della conoscenza vi è stato fatto un uso improprio, togliendoli il diritto divino che essa detiene, come ho accennato prima.
Nella mia ricerca ho letto varie informazioni sull’argomento, e sono rimasto impressionato da come uno studioso ha chiaramente messo in evidenza questa differenza, spiegandone le ragioni. Cosa che è data per scontata da molti studiosi musulmani che non si sono confrontati con l’occidente.
Shaykh Muhammad Naquib alAttas, ha espresso un suo pensiero che condivido pienamente e che si specchia perfettamente con la definizione di conoscenza che se ne fa uso nei nostri paesi e di cosa essa in realtà è: la scienza di Iddio.
Se Iddio vorrà, cercherò di leggervi un suo brevissimo trattato che mette in risalto tutto questo, ma per oggi, vi accenno al suo pensiero, che è da tenere in considerazione, secondo la mia umile opinione.
Shaykh alAttas sostiene che la scienza moderna vede tutto ciò che ci circonda come semplici cose e che ha ridotto lo studio del mondo come un fenomeno fine a sé stesso.
Lui dice che questo, sì, ha portato benefici materiali, ma tuttavia si accompagna a un’incontrollabile e insaziabile propensione a distruggere la natura stessa. Egli espone una ferma critica secondo cui lo studio e l’uso della natura senza un fine spirituale superiore, ha portato l’umanità allo stato di pensare che gli uomini siano dei co-partner della natura stessa.
Egli afferma: “Privo di uno scopo reale, la ricerca della conoscenza diventa una deviazione dalla verità, che necessariamente mette in discussione la validità di tale conoscenza”. Tratto dal suo libro “Islàm e laicità”,
Lo shaykh vede la civiltà occidentale, come in continuo cambiamento e un “divenire” senza mai raggiungere il suo “essere”.
Civiltà occidentale, intende la civiltà che si è evoluta a partire dall’unione storica tra le culture e le filosofie greche e romane, con l’Ebraismo e il Cristianesimo e il loro sviluppo successivo, contaminato dalle filosofie nordiche e slave. Ognuna di queste ha lasciato un impronta che ha modellato tutta la conoscenza allontanandola nel tempo dalla sua reale radice e partenza.
Anche il mondo islamico, con l’influenza dell’Andalusia, delle corti di Federico II, dell’impero turco, ha lasciato la sua impronta, ma questa, trovandosi in minoranza dovuta alla non presenza fisica, è stata rimodellata secondo il concetto occidentale perdendo, in occidente, il suo valore spirituale.
Infatti, il mescolarsi di tutte le culture prive di una linea religiosa unitaria e unica, ha fatto sì che si sia persa la visione delle religioni monoteiste per una linea secolare della conoscenza incentrata sull’uomo come entità fisica e animale razionale.
Lo shaykh, dice, che l’occidente attribuisce grande importanza alla capacità razionale dell’uomo, di svelare da solo i misteri dell’ambiente che lo circonda e del suo coinvolgimento nell’esistenza nel conoscere i valori etici e morali che guidano la sua vita.
Il sapere non si basa sulla conoscenza divina, le verità fondamentali della religione sono considerate teorie inventate e illusorie. L’assoluto è negato a favore del relativo. Niente è certo, solo il dubbio è l’essenza che sprona alla conoscenza.
La negazione della certezza di Iddio e di ciò che vi sarà, prende il posto dell’affermazione dell’uomo come essere superiore e creatore di sé stesso e come unico futuro vi sarà solo la sua continuità.
La conoscenza non è più un intercessione data di Iddio per il bene dell’uomo stesso e della natura e di tutto ciò che lo circonda, rispettando il creato, ma è data dagli uomini che tramite il dubbio possono avvalersene, per lo scopo di controllare la natura e la società in cui vivono a proprio unico vantaggio.
L’Islàm invece, intende la scienza come un instillazione della capacità di imparare a comportarsi dell’uomo con la natura, rispettando ciò che Iddio stesso ha creato. L’elemento fondamentale nell’instillazione, nel mettere, nel far comprendere all’uomo il valore della sua scoperta, è il comportamento. La conoscenza così prende un valore più alto, spirituale, rispettoso della creazione e se ne fa un uso per migliorare ciò che non ci appartiene, perché la natura non può essere nostra pari, ma una creazione che Iddio ci ha messo a disposizione per conoscerla, proteggerla e trarne vantaggio, non per noi stessi, ma per essa, perché rappresenta il nostro sostentamento e il nostro futuro ed un modo per dimostrare a Iddio il nostro riconoscimento.
La conoscenza è la capacità di apprendere come comportarsi con la natura. La scoperta scientifica, non è vista come un arricchimento dell’uomo e della società a cui appartiene, ma un accrescere la propria capacità di vivere e conoscere ancora di più ciò che Iddio ci ha messo a disposizione, per trarne vantaggio e trovare il nostro posto nel mondo in cui viviamo, sapendo che la conoscenza acquisita rimarrà per il futuro, sia alle prossime generazioni, che godranno del nostro sapere e del modo di comportarsi con esso e sia per la salvaguardia dell’ambiente che ci ha ospitato e al riconoscimento che avremo quando tutto sarà finito, perché ogni cosa che ha usufruito del nostro sapere c’è ne sarà riconoscente proprio quando meno c’è lo aspetteremo e ne avremo più bisogno.
Molti versetti nel Corano ci chiedono di rispettare la creazione di Iddio e di non corrompere ciò che ci circonda, perché niente ci appartiene, nemmeno la nostra vita e dobbiamo sempre farne un buon uso.
Per questo il musulmano deve considerare la scienza come un dono che Iddio ci ha dato. Tutto ciò che conosciamo ci rende partecipi della creazione e come tale ad essa apparteniamo. Dobbiamo vivere in simbiosi con essa senza alterarne il significato.
Conoscere il modo di comportarsi con essa fa sì che ciò non accada. Conoscere come poter agire con essa, fa sì che possiamo sviluppare al meglio la nostra vita.
Il comportamento a cui arriviamo con la conoscenza, ci è dato dalla scienza che il musulmano apprende studiando come svilupparsi nella fede, come apprezzare ciò che Iddio ci dice rispettando le sue leggi.
Ogni uomo apprende secondo la volontà di Iddio e secondo ciò che Lui dona a ognuno di noi, come letto nei versetti del Corano precedenti; non bisogna sentirsi inferiori sulla conoscenza, perché Iddio nella sua immensa saggezza, conosce il motivo per il quale ognuno eccelle in qualcosa che può essere anche solo un sorriso. Ad ognuno ciò che merita e al tempo che merita. Ogni cosa ha un valore e un tempo ben prefissato, ogni conoscenza va ricercata secondo la capacità di ognuno di noi che Iddio ci ha donato senza oltrepassare lo sforzo concesso. Solo Iddio, l’Onnisciente, conosce quello che noi possiamo imparare e il tempo necessario per farlo.
Ascolta “La Conoscenza nell’Islam” su Spreaker.
La conoscenza, il sapere, proviene da Iddio, a Lui noi ringraziamo e a Lui ci rivolgiamo ogni volta che un nostro comportamento ci conduce ad una nuova scoperta.
Riferimenti:
“Qur’an Karim”
Mufti Muhammad Umar
“Il Corano” – trad. Gabriele Mandel
“Islam e laicità” – Shaykh Muhammad Naquib alAttas