Perché accettare i madhahib
Madhahib: scuole di dottrina giuridica islamica. Il Corano e la fonte principale di ispirazione e studio per tutti i musulmani. Sin dall’inizio si è fatto riferimento al Libro Sacro per regolamentare la vita dei musulmani, inizialmente spiegato dal Profeta Muhammad, che Iddio lo preservi, e successivamente basandosi sui suoi insegnamenti, migliaia di sapienti hanno cercato…
Madhahib: scuole di dottrina giuridica islamica.
Il Corano e la fonte principale di ispirazione e studio per tutti i musulmani. Sin dall’inizio si è fatto riferimento al Libro Sacro per regolamentare la vita dei musulmani, inizialmente spiegato dal Profeta Muhammad, che Iddio lo preservi, e successivamente basandosi sui suoi insegnamenti, migliaia di sapienti hanno cercato di divulgare nel tempo il sapere del Messaggero di Iddio per rendere più comprensibile e attuabile la legge che Iddio, l’Eccelso ci ha lasciato.
Subito agli inizi della storia della nuova comunità, basata sulla ultima novella che ha corretto gli errori e le modifiche compiute dall’uomo, ci sono stati dei tentativi di apportare modifiche e cambiare ancora la legge di Iddio, complice il tempo e le infiltrazioni estranee atte a demolire la forza della ultima predicazione del monoteismo puro.
Da qui sono nati contrasti dovuti anche all’avidità del potere che venivano a minare la purezza della legge islamica, non tanto la fede nella rivelazione.
Ne è nato uno scisma, ove la strada unica dell’Islam ha preso due percorsi paralleli, che in momenti si affiancano e proseguono insieme ma, che raramente camminano sullo stesso percorso.
Le due strade parallele sono conosciute oggi come lo scisma e il sunnismo.
Quest’ultimo fa riferimento alla sunnah del Profeta Muhammad, che Iddio lo preservi, ove egli, con i suoi detti/racconti (ahadith), spiega in modo più semplice e con esempi o atti di vita, il comportamento del fedele corretto con la legge del Corano.
La sunnah è arrivata ai giorni nostri grazie alla costanza e alla conoscenza ottenuta dai compagni del Profeta, la pace su di lui, che nel tempo e in luoghi diversi ne hanno riportato le sue parole.
Tali racconti, sono innumerevoli, per il grande numero di compagni che hanno vissuto al fianco del Messaggero di Iddio; sono stati enunciati in luoghi diversi con diverse lingue, dato che i compagni del Profeta, che Iddio lo preservi, si spostarono in ogni parte del mondo, specialmente dopo la sua morte; molti di questi racconti erano quasi simili e differivano per piccoli fatti oppure erano in disaccordo, perché raccontati e vissuti in situazioni diverse.
Tutto questo non ne scalfisce la loro veridicità, nonostante siano attaccati da chi non condivide questa strada o da chi non dà la giusta importanza a tali raccolte di ahadith.
Attacchi, che agli albori della consacrazione della legge coranica, provenivano da fazioni vicine a posizioni di potere che guardavano ad uno o all’altro regnante, o da fazioni come i Kharijiti, che non volevano considerare nessun giudizio emesso dagli uomini, perché per loro “il giudizio è solo di Dio”, quindi non accettavano un capo che li comandasse e che potesse legiferare su materie coraniche, o come i musulmani che andarono nella direzione dello scisma, che subito crearono una struttura di comando teocratica e rigida, rifiutando alcune figure fondamentali che trasmisero il messaggio del Profeta, più per considerazioni politiche e di potere che religioso, o come il resto della comunità che accettava un capo e un gruppo di sapienti che potevano legiferare sulla fede e sulle implicazioni della vita reale.
Diverse interpretazioni che costrinsero gli studiosi vicini alla prima cerchia dei compagni a adottare un percorso che poteva dare delle risposte a queste controversie.
Ponendo sempre in primo piano e come origine della legge il Sacro Corano, la maggior parte degli studiosi adottò come veritieri gli ahadith, dandosi una scienza che ne stabiliva la veridicità e la certezza di ciò che veniva raccontato.
Un esempio di queste problematiche, lo possiamo trovare in alcune raccolte di ahadith, come quella dell’Imam ashShafi’i, nella sua Risala, o nella raccolta Sunnan di Abu Daud e nel Muwatta di Imam Malik, il quale riferendosi al versetto del Corano di surat AlMaidah verso 38: “Quanto al ladro e alla ladra, tagliate a entrambi la mano, in punizione di quello che hanno meritato e come castigo da parte di Iddio. Iddio è Potente e Saggio”, mettevano in relazione le spiegazioni che il Profeta Muhammad, che Iddio lo benedica, dava in riguardo: “Le mani non devono essere tagliate per la frutta, né per la palma, e non deve essere tagliata se il prezzo della cosa rubata è di un quarto di dinaro o più”.
Oppure, vedendo i due versetti di surat AlBaqara 234, che dice: “E per quelli che la morte coglie e lasciano le mogli, esse debbono osservare un termine di quattro mesi e dieci. Trascorso questo tempo, non vi sarà mosso rimprovero su come esse disporranno di sé stesse, conformemente alla buona usanza. Iddio è il Beneinformato su ciò che fate”, e il 240 che sembra contraddire il precedente: ”E per coloro che la morte coglie e lasciano delle mogli: un testamento a favore delle mogli provveda a un anno di mantenimento e senza espulsione. Se sono loro a partire, allora non vi sì rimproverà per ciò che faranno per sé stesse conformemente alla buona usanza. Iddio è il Potente e il Saggio”; o i versetti sulla proibizione del vino che prima proibiscono la preghiera da ubriaco e poi finiscono per proibire completamente la bevanda; o ahadith dove si racconta che il Messaggero di Iddio, pace su di lui, pregò seduto perché impossibilitato fisicamente e i compagni una volta lo seguirono in piedi e un’altra volta seduto e così via.
Questo portava gli studiosi sunniti a dare chiarimenti ai fedeli e ai detrattori, interpretando le due fonti nella maniera consona e seguendo, per quanto potevano le linee guida del Profeta attingendo sempre a coloro che erano stati vicini alla predicazione del Sigillo dei Profeti e adottando il metodo, che si ritrova nel Corano, che l’ultimo abroga il precedente.
Tutto ciò ha portato ad avere a che fare con un enorme corpo di ahadith, rendendolo di difficile interpretazione, per questo i primi giuristi (detti Qadì) facevano riferimento spesso a coloro che avevano vissuto con il Profeta, le benedizioni su di lui, o con i predecessori prossimi a lui e ai compagni.
I primi giuristi hanno cercato nel tempo di fornire meccanismi coerenti per risolvere questi conflitti in modo da garantire la fedeltà della giurisprudenza alla filosofia dell’Islam.
La giurisprudenza islamica (fiqh alUsul) si è raffrontata spesso con la “contraddizione reciproca delle prove testuali”, in arabo “Taarud alAdilla”, termine ben noto a chi studia la scienza degli ahadith.
Una prova sono i numerosi scritti di un giurista del tempo: Ibn Qutayba, che ha scritto: Ta’wil Mukhtalif al-Hadith, tradotto: Il trattato sulle divergenze degli ahadith.
Dagli studi fatti dai giuristi e sapienti (pl. ulema, sin. alim), è riconosciuto il presupposto di partenza che il conflitto tra i testi rivelati si poggiava su problemi d’interpretazione e non su incongruenze nel messaggio trasmesso dal Legislatore e dal suo ultimo Profeta: il messaggio dell’Islam è stato perfettamente trasmesso prima della sua morte, tutto ciò che proveniva dopo era esclusivamente una interpretazione degli studiosi e non di modifica delle verità rilasciate.
A questo la scienza islamica aveva posto dei paletti ben delineati, dando una nomenclatura ben specifica e rispettosa dell’accuratezza e precisione nella scelta degli ahadith: verificare innanzi tutto l’ “isnad” del racconto: ossia conoscere tutta la linea di persone che raccontano dell’hadith, verificandone la moralità, correttezza e religiosità di chi esponeva, controllare se esso era “mutawatir”, ossia controllare se l’hadith era trasmesso da molti compagni o “mashhur”, ossia linea di trasmissione di solo 3 sahaba (compagni del Profeta) e per ultimo controllare se esso non fosse naskh, cioè abrogato.
Si controllava anche se l’isnad fosse “sahih”, ossia autentica: conferma che la catena di trasmissione, partiva direttamente da chi ha avuto una stretta vicinanza al Profeta o a persone a lui vicine. Questa vicinanza è riconosciuta da tutti gli studiosi, in più, queste persone, hanno la piena fiducia delle loro azioni e comportamenti nella loro vita.
L’isnad può essere “da’if”, ossia debole. Questo significa che la catena è composta da persone che hanno commesso errori nei loro racconti, oppure che vi siano parti mancanti nella linea di trasmissione, cioè che mancano commentatori o persone che raccontano i fatti dell’hadith. Può accadere che gli ahadith di questa categoria possono essere “da’if hasan”, ossia hadith deboli ma buoni e sono quelli cui molti detti riportati si ripetono in più racconti, oppure, se la linea di trasmissione è debole e non vi siano detti ripetuti essa può essere detta “da’if ghiddan”, ossia molto debole.
Infine, l’isnad può essere “mawdù”, cioè, fabbricato o bugiardo, quindi non valido o di poco conto da non considerare.
Oltre a questo, si controllavano i tempi in cui essi erano riportati nella vita del Profeta (la sua Sirah), per percepirne sempre la certezza in rispetto alla rivelazione e al detto.
Se tutto questo, non dava un giusto grado di certezza agli studiosi, essi confrontavano i racconti e da chi erano stati tramandati e, per verificarne l’autenticità, confrontavano tra loro i risultati.
Oltre a ciò, si controllavano anche le fatwah (le sentenze) dei primi compagni sull’argomento dell’hadith. Quindi il tutto aveva bisogno di essere valutato e studiato in maniera rigorosa e in ordine cronologico nella ricerca della verità sulla giurisprudenza islamica. Un lavoro assai lungo e difficile che naturalmente non poteva essere compiuto da tutti e non tutti potevano avere la certezza della comprensione.
Lavoro svolto da persone che dedicarono l’intera vita a questa verità, che sono gli studiosi che hanno raccolto gli ahadith e, in particolare, quattro di questi, cui oggi, si può fare riferimento grazie a quello appena enunciato sulla conoscenza e l’applicazione della legge islamica nella vita comune dei musulmani.
I detrattori dei madhahib, ancora oggi, con forme rinnovate di contestazioni semplicistiche, mettono in dubbio tali studi, adducendo alla tesi quasi simile del Kharajiti e che possono ben interpretare da soli gli ahadith o, peggio ancora, i versetti del Corano, senza aver bisogno di una linea guida o un sapiente di riferimento che fa capo a uno dei quattro grandi Imam.
Facendo un esempio di come sia assurda questa tesi moderna, paragoniamo il tutto al cielo stellato: ad occhio nudo non siamo in grado di vedere molte stelle in modo chiaro, si necessita per questo di un telescopio, che secondo questi nuovi contestatori, potremmo costruirlo noi. Così facendo, pecchiamo di arroganza e saccenza. Se invece abbiamo la modestia di riconoscere i nostri limiti, useremo un telescopio costruito da un tecnico specializzato e avremo una visuale migliore dell’intera volta stellata.
Oppure, abbiamo di fronte un antico edificio storico da ristrutturare. Esso potrebbe sembrare imperfetto guardandolo con le nostre conoscenze, cercando così di renderlo moderno secondo le nostre visioni, che per la natura della nostra conoscenza, andrebbero rinnovate ad ogni nuova generazione, rischiando così, di scardinare per sempre la stabilità dell’antico palazzo.
Invece, visto con gli occhi di un esperto ingegnere e conoscitore della storia delle antichità, il palazzo subirà si delle ristrutturazioni, ma saranno in linea con l’edificio e senza alterarne la sua conformità, stabilità e base storica.
Questo è quello che gli ulema e i giuristi hanno constatato nel rivedere le centinaia di migliaia di ahadith e rendere semplici a tutti il fiqh sunnita.
Questi accorgimenti, ristrutturazioni, ingegneri edili, tecnici che ci hanno fornito i telescopi per guardare meglio le stelle, non sono altro che i quattro grandi imam delle quattro grandi scuole dell’Islam sunnita: Imam Malik, Imam ashShafi’i, Imam Ibn Hanbal e Imam Abu Hanifa. Un madhab è, dopo tutto, niente di più che un componente di precisione che ci permette di vedere l’Islam con la massima chiarezza possibile.
Il termine madhab, plurale madhahib, significa letteralmente “andare, prendere una strada”, quindi seguire una metodologia già tracciata e verificata, un percorso da compiere in maniera sicura nella conoscenza, in quanto è impossibile che una singola persona possa averla di tutta la rivelazione e sapere come comportarsi secondo la shari’ah.
Seguire un percorso significa chiedere a chi già conosce per avere la giusta risposta e, in surat AnNahl, v. 43 ve ne è la conferma, infatti dice: “Noi abbiamo inviato prima solo uomini ai quali abbiamo fatto rivelazione. Chiedete dunque, alle genti della Rammemorazione (dhikr), se non sapete”.
Seguire un madhab, non significa imitare qualcosa o qualcuno, perché i madhahib, come dimostrato, sono la conseguenza della conoscenza tramandata dal Profeta, che Iddio lo benedica.
Allo stesso tempo, non è corretto prendere ora da uno o ora dall’altro a seconda del proprio desiderio o ego, altrimenti si cadrebbe nelle problematiche raccontate all’inizio di questo testo. In più essi differiscono per piccole cose, come è bene che sia e come fu detto dal Messaggero di Iddio della sua sunnah, ma allo stesso tempo formano il credente nell’essere ligio alla regola e rimanere incrollabile sul percorso che ha scelto formandolo nelle difficoltà, mettendolo in correlazione con la linea tracciata in passato dal nostro Profeta.
Queste ultime avversioni ai madhahib provengono da una setta nata con la violenza nel XVIII secolo, che ha voluto imporsi con una visione alquanto oscurantista e discutibile dell’Islam, sette che negli ultimi anni sono state escluse dal mondo sunnita dopo la conferenza di Grosny.
Ci si può chiedere: “perché seguire solo questi quattro madhahib e non altri?”
La risposta è alquanto semplice: non vi è nessuno che nega di seguirne altri, ma solo questi quattro madhahib hanno una cronistoria valida e una immensa letteratura dettagliata che le giustifica sufficiente a sostenerli.
Per quello detto sopra, ad un musulmano è consigliabile seguire un madhab per conoscere meglio la religione e rimanere all’interno della sua veridicità, anche perché spesso vengono usati gli ahadith di questi nelle fatawah odierne, cui si chiede di poter comprendere e capire se un atto, un’azione, una richiesta soddisfano appieno la legge della sharia’ah.
Riferimenti:
“Qur’an Karim”.
“Il Corano” – Gabriele Mandel.
“Understandings the Four Madhhabs” – Abdal Hakim Murad.
“Ta’wil Mukhtalif al-Hadith” – Ibn Qutayba.
”ArRisala” – Imam ashShafi’i.
“Sunnan” – Abu Daud.
“AlMuwatta” – Imam Malik.
“Lezioni e consigli” del Mufti Muhammad Umar.