Intervento all’incontro interreligioso sull’enciclica “Fratelli Tutti”
Mia relazione tenuta al webinar “Fratelli Tutti” del 21/01/2021, organizzato dalla Associazione Nazionale Mediatori Commerciali e dalla Associazione Nazionale Musulmani Italiani, con il patrocinio del Centro Islamico Culturale d’Italia – Grande Moschea di Roma e dal giornale online DailyMuslim. L’enciclica di Francesco I, “Fratelli Tutti” ha ispirato quest’incontro tra noi musulmani e cristiani in nome…
Mia relazione tenuta al webinar “Fratelli Tutti” del 21/01/2021, organizzato dalla Associazione Nazionale Mediatori Commerciali e dalla Associazione Nazionale Musulmani Italiani, con il patrocinio del Centro Islamico Culturale d’Italia – Grande Moschea di Roma e dal giornale online DailyMuslim.
L’enciclica di Francesco I, “Fratelli Tutti” ha ispirato quest’incontro tra noi musulmani e cristiani in nome e in opera al meeting di Dubai avvenuto tra il Papa e il l’Imam al-Tayyb, da cui ne uscì fuori il Documento sulla fratellanza firmato ad Abu Dhabi.
Probabilmente da quell’incontro Francesco ha preso inspirazione per questa sua lettera che fondamentalmente afferma che sia i musulmani e sia i cristiani sono fratelli e figli dello stesso unico Dio Creatore, come si ispirarono a vicenda il santo omonimo del Papa con il califfo del tempo, capo dei musulmani, al-Malik al-Kamil, durante la V Crociata, avvenimento che lasciò un segno indelebile in entrambi.
Affermerei che i due si sono attratti per le loro somiglianze, poiché il califfo era un uomo molto dedito alla conoscenza e attratto dalla mistica Sufi, che vedeva in Francesco sia nel suo vestiario e sia nel suo modo di porsi e comportarsi con la natura. Infatti, Francesco, il santo, era molto simile ai sufi, asceti, dotti e letterati dediti a Dio, che vivevano di carità ed erano lontani dalla ricchezza effimera.
Tra i due vi era qualcosa in comune che fino ad allora non era mai stata presa in considerazione, anzi, venivano a galla sempre le differenze e mai e cose in comune, che potevano unire le due grandi religioni monoteiste. Scoprendosi a vicenda si rispettarono e posero, visto con gli occhi di oggi e alla luce dell’enciclica, quelle basi che sono d’aiuto al dialogo tra le due grandi religioni al mondo. Francesco I, ha preso il nome proprio dal santo, che, a quanto pare, ha ispirato il suo pontificato e le sue opere. “Fratelli tutti”, ne è l’esempio.
Che cosa ha scritto il Papa che noi dovremmo considerare e prendere ad esempio come uomo giusto? Sì, perché noi musulmani è vero che non dobbiamo porci in eguaglianza ad altri, per non trovarci a “copiare” e quindi assomigliare a chi è diverso da noi, ma è pur vero che dobbiamo collaborare e prendere ciò che c’è di buono degli altri, per trarne il vantaggio a ognuno.
E dall’enciclica di Papa Francesco I c’è molto di simile alla nostra idea di vita e di comportamento, che ogni musulmano dovrebbe prendere ad esempio per migliorare se stresso e la comunità intera, compresa quella con cui ogni giorno ci confrontiamo, specialmente noi in Italia.
Il Papa scrive di non dare spazio a quelle idee populiste che distruggono la politica e la società moderna chiamando in causa nazionalismi scomparsi, esasperando quell’appartenenza che non porta altro all’innalzamento di muri e all’allontanamento del messaggio di pace e fratellanza cristiana, lanciato da Gesù nel Vangelo.
Invece di costruire muri, egli dice di “ aprirsi al mondo “, non come profitto e finanza. I poteri economici che si aprono al mondo per conquistare i più poveri limitando libertà e diversità non devono essere l’esempio da seguire a tutti i costi. Questa finanza aiuta i più forti invece di essere altruista, aiuta sé stessa a chiudersi nella ricchezza e nei muri, distruggendo intere identità di regioni e popoli più poveri. É un globalismo effimero che non ingloba, ma separa distruggendo le singole autonomie.
Una finanza globalista che sfrutta la politica dei singoli stati che è sempre più fragile e piagata al volere economico transnazionale che cerca di sfruttarla per il proprio torna conto.
Scrive di quella ricerca continua di superiorità e di appariscenza che spinge oltre fino alla corruzione dello spirito e del cuore, tralasciando ciò che realmente l’uomo necessita. La disoccupazione, il razzismo, la povertà, la disparità dei diritti e la schiavitù; la tratta delle donne costrette a fare azioni impure, ad abortire, e non poter vedere messi in atto i propri diritti sanciti da leggi esistenti sia religiose sia temporali. Il traffico di organi. Tutto, per lo scrivente, è una conseguenza dell’impoverimento della vita a causa del concetto che si è imposto: lavoro-profitto.
Cerca una comunità, una società progredita nel lavoro, non limitato al solo guadagno ma un lavoro visto come crescita professionale, intreccio di esperienza e relazioni per costruire un modo migliore. Non basare il lavoro e l’intera esistenza che ne deriva sulla logica del profitto e la cultura dello scarto. Contro quel consumismo che ci ha portato a perdere il senso dell’altro.
Cerca il rispetto per i poveri, per le donne, per i disoccupati, per la famiglia i figli e gli anziani, che oggi manca completamente, perché tutti presi da questa frenesia dell’apparire su un video ed essere a portata di “touch” di quanti più “utenti” possibili.
Scrive di considerare atti “esecrabili” quelli terroristici, che non sono dovuti alla religione, ma a interpretazioni sbagliate dei testi sacri e di politiche di fame, povertà, ingiustizia e oppressione. Politiche che favoriscono odio, terrorismo e mafia.
Continua nella sua epistola affermando che un cammino di pace tra le religioni è possibile e che è necessario garantire la libertà religiosa. Il perdono è l’arma vincente per insegnare all’oppressore; ma non dimenticare e non punire: chi subisce un’ingiustizia, deve lottare per far valere i propri diritti e difendere la propria dignità che è un dono di Dio. Perdono non vuol dire impunità ma giustizia e memoria.
Ora leggendo questo a noi musulmani viene in mente qualcosa? Prendiamo la vita di Muhammad, che Dio lo benedica, che è stata un esempio e sarebbe un bene cercare di seguire con i suo insegnamenti. Troviamo punti in comune? In fondo è quello che ha fatto il nostro amato Profeta, che Dio lo benedica, nella sua vita.
I musulmani di tutte le nazioni dovrebbero accogliere questa lettera, come una mano tesa al dialogo e alla riappacificazione tra le nazioni.
Muhammad, che Dio lo benedica, nelle sue azioni politiche non ha mai cercato la suddivisione del suo popolo, anche se provenienti da terre ed etnie differenti. I musulmani nella loro storia, non hanno mai costruito muri per dividere, anzi era obbligo aiutare se stessi e chi non era della stessa religione. L’Islam non ha mai professato il “dividi et impera” tra le genti.
L’Islam non vieta il potere al corrotto? E la corruzione? L’Islam non predica l’innalzamento dello spirito di ogni uomo perché si avvicina a Dio? E l’Islam non è contro il populismo che acceca e rinchiude l’uomo tra muri non conoscendosi con gli altri? Dio non ci ha creato diversi per conoscerci l’un altro?
E il rispetto per la donna innalzata a tal punto da dire che sotto i piedi di una madre esiste il paradiso per ogni figlia o figlio? Vietò l’uso della donna come oggetto di mercificazione? Il rispetto della famiglia considerata perno della società in cui si vive? E gli anziani che sono da considerare e trattare meglio di noi stessi in virtù del loro tempo impiegato per accudirci quando eravamo bambini?
E la comunità che intende Francesco, non è paragonabile alla ummah cui noi facciamo riferimento? Un credente lo sarà solo se vorrà per l’altro ciò che vuole per se stesso. L’altro è la ummah, la comunità.
L’Islam legiferò la vita degli esseri umani in una comunità, ummah, aggiungendo l’elemosina e la decima obbligatoria, regolamentò la schiavitù sino ad eliminarla, favorendo il giusto lavoro: non lasciare che il sudore si asciughi prima di pagare il lavorante. Non certo, il Profeta, ci ha insegnato il profitto a tutti i costi a discapito dell’essere umano.
Queste parole, le mie sorelle e i miei fratelli già le conoscono, ma le ho ripetute per mostrare l’assonanza con quello che ha scritto Papa Francesco.
Per questo devono interessare anche a noi, e sarà un bene tendere la mano a quelli che seguono quest’uomo, per far si che l’odio e il razzismo dilagante anche nella nostra comunità, possa svanire con la conoscenza reciproca e il rispetto di entrambi. Prendere in considerazione la sua lettera e farla leggere e discuterla nel nostro interno, in modo da avvicinarci ed eliminare con gesti e atti veri di fratellanza quella non conoscenza voluta dalla politica debole, cui serve un nemico per vincere perché povera di contenuti e asservita a chi vuole sfruttare noi e loro.
Una lettera che servirà a unire e non a dividerci. Avrei voluto però, che il Papa, per noi italiani musulmani, avesse avuto un occhio di riguardo, o almeno aver posto un accento sulla nostra condizione di cittadini non cittadini dello stato italiano.
“Fratelli Tutti” sì, ma anche per noi italiani musulmani? Non possiamo essere fratelli con tutti se ci è impossibilitato esserlo tra noi. La fratellanza si attua non solo con le parole ma anche con i fatti, e questi si fanno in luoghi ben prefissati, dove svolgere le nostre funzioni religiose, i nostri ritrovi e educare tutti noi a quest’incontro tanto voluto dal Papa. Certo, possiamo incontrarci nelle chiese, nei comuni, negli spazi sociali, ma son tutti elementi estranei alla nostra fede.
Il non avere un luogo dove i nostri cari riposano in pace, avere la possibilità di scegliere la nostra religione a scuola, avere la possibilità di compiere i riti a noi sacri, avere un luogo dove osservare la nostra fede e sentirci uniti e appartenenti alla nostra comunità, come potremmo sentirci un tutt’uno come descritto dal Papa?
É vero che il Papa non è un legislatore residente in Italia e che possa lavorare alle leggi dello Stato italiano ma, è anche vero, che l’influenza che può avere una parola di un Papa, detta con insistenza e forza, può in seno ai politici italiani, smuovere montagne e attivare animi che hanno a cuore la fede e la parola di Dio.
Mi piace finire con una frase del Papa, che paragono ad una del nostro amato Profeta. Francesco I: “Essere quella gentilezza che fa sì che le persone colpite da essa, possano diventare stelle in mezzo l’oscurità.” Muhammad: “Si come un albero, colpito dalle pietre, egli restituisce i suoi frutti.”
La pubblicazione della conferenza è sulla prestigiosa rivista “Diritto e Religioni”, dove si può trovare l’abstract dell’intervento e l’intero mio intervento pubblicato sulla rivista