“Fratelli tutti”: l’enciclica che interessa noi musulmani
Francesco I, dopo aver scritto due encicliche, di cui una con il papa emerito Benedetto XVI, ieri ha reso pubblica la sua terza lettera intitolata “Fratelli Tutti“, che si basa e approfondisce il Documento sulla fratellanza firmato ad Abu Dhabi. E a quell’incontro che Francesco potrebbe essersi ispirato, dato che conferma, che musulmani e cristiani sono fratelli e…
Francesco I, dopo aver scritto due encicliche, di cui una con il papa emerito Benedetto XVI, ieri ha reso pubblica la sua terza lettera intitolata “Fratelli Tutti“, che si basa e approfondisce il Documento sulla fratellanza firmato ad Abu Dhabi.
E a quell’incontro che Francesco potrebbe essersi ispirato, dato che conferma, che musulmani e cristiani sono fratelli e figli dello stesso unico Dio Creatore.
“Fratelli tutti” per incoraggiare questa fratellanza, e non a parole, ma a fatti, come il santo omonimo, che incontrò il sultano capo dei musulmani al-Malik al-Kamil, durante la V Crociata, avvenimento che lasciò un segno indelebile in entrambi.
Francesco, il santo, molto simile ai sufi, asceti, dotti e letterati dediti a Dio, che vivevano di carità ed erano lontani dalla ricchezza effimera. Per questo il sultano ne fu attratto e s’instaurò quella consapevolezza di aiuto che possiamo definire la base del dialogo tra le due più grandi religioni al mondo. E Francesco I ha preso il nome proprio dal santo, ispirando il suo pontificato e le sue opere. “Fratelli tutti”, ne è l’esempio.
E i musulmani dovrebbero recepire questa lettera, come una mano tesa al dialogo verso tutti coloro che vedono in Francesco I l’uomo che può salvare l’occidente dal decadentismo morale e spirituale, dovuto alla corruzione e alla mal politica dedita al populismo che la affligge. Populismi, dice, che fanno risorgere nazionalismi dimenticati, e li esaspera a tal punto da scatenare guerre. E noi musulmani, sappiamo cosa cercava il Profeta nelle sue azioni politiche? Non la spartizione del suo popolo, ma l’unione dello stesso, per aiutarsi a vicenda come unica comunità. Non essere assoggettati al “dividi et impera” altrui, che ha reso, le terre musulmane nate da quest’azione, invivibili e sotto il dominio altrui.
In fin dei conti, l’Islam non vieta il potere al corrotto? L’Islam non predica l’innalzamento dello spirito di ogni uomo perché lo avvicina a Dio? E l’Islam non è contro il populismo ristretto che acceca e rinchiude l’uomo in mezzo ai muri non conoscendo gli altri, perché diversi e fatti da Dio in questo modo in modo che possano conoscersi l’un altro?
É ben scritto nei versetti del Corano e ben spiegato tutto questo dal nostro Profeta, Dio lo benedica, che non vi era neanche il bisogno di ripeterlo, ma per quei musulmani che comprendono il significato solo dell’apparenza superficiale di ogni parola, è rigoroso ricordarlo.
Leggendo l’enciclica, sembra che alcune parole, come ho cercato di far notare, siano rivolte anche a chi definisce fratelli nell’unico Dio. Leggete questo: rispettate di più gli anziani. Eccole altre parole simili, anziani, che nei mesi scorsi hanno subito l’abbandono e la morte nella maniera più crudele: da soli. Egli dice di considerare i nostri genitori e i nonni più di quanto si fa ora.
Ed è quello che per noi è obbligo fare, è quello che si conosce dalle parole lasciate a noi dal Profeta. Ma, purtroppo, non è quello che accade nella nostra comunità, dove l’influenza della società occidentale inizia a intaccare anche questo.
E Francesco chiede che non si torni al consumismo precedente alla pandemia. Che lo si abbandoni per essere tutti uniti, non nel considerare i vicini come “altri”, ma come “noi”. Noi, è sinonimo di comunità, per meglio capire di “ummah“.
Cerca una comunità, una ummah, una società progredita nel lavoro, non limitato al solo guadagno ma un lavoro visto come crescita professionale, intreccio di esperienza e relazioni per costruire un modo migliore. Non basare il lavoro e l’intera esistenza che ne deriva sulla logica del profitto e la cultura dello scarto.
La disoccupazione, il razzismo, la povertà, la disparità dei diritti e la schiavitù, la tratta, le donne costrette a fare atti indegni e anche ad abortire, e non poter vedere messi in atto i propri diritti, il traffico di organi. Tutto è una conseguenza dell’impoverimento della vita a causa del lavoro-profitto.
L’Islam regolò la necessità di vita degli esseri umani in una società aggiungendo l’elemosina e la decima obbligatoria, regolamentò la schiavitù sino ad eliminarla e favorire il giusto lavoro. Vietò l’uso della donna come oggetto di mercificazione e vietò di fare qualsiasi cosa in nome di un profitto illecito. E se rileggiamo questo e quello che Francesco scrive? E’ cosi diverso dai nostri ahadith?
Egli considera atti “esecrabili” quelli terroristici, e lo sottolinea, non dovuti alla religione, ma ad interpretazioni sbagliate dei testi sacri e di politiche di fame, povertà, ingiustizia e oppressione. Denuncia la “cultura dei muri”, che favorisce odio, terrorismo e mafia. I muri isolano e ti lasciano in solitudine, alimentando paura dell’altro.
Invece di costruire muri, egli dice “Aprirsi al mondo“. Ma non come purtroppo, dice, è considerato oggi solo per l’economia e la finanza. Non bisogna riferirsi ai poteri economici che si aprono per conquistare i più poveri limitando libertà e diversità. Bisogna stare attenti al globalismo che aiuta i più forti, e questi invece di aiutare gli altri a progredire, aiutano sé stessi a chiudersi nella loro ricchezza e nei loro muri distruggendo intere identità di regioni e popoli più poveri e deboli.
Francesco lo dice apertamente: “La politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che cercano di sfruttarla per il proprio torna conto”
Un’enciclica questa, importante che segna un punto di partenza per i cristiani, e anche per noi musulmani, poiché è basata sul famoso incontro del 2019 ed è influenzata dal santo cui ha preso il nome, che fu l’unico a fermare in nome della pace un giorno di guerra e meritarsi il rispetto del sultano al-Malik. Dovremmo meditare e tendere la mano, per cancellare l’odio che serpeggia in questa società malata.
Chiede che ha queste regole si unisca una nuova ONU, rifondata su valori reali e non soggetta agli interessi dei poteri economici.
Francesco, sottolinea, che un cammino di pace tra le religioni è possibile e che è necessario garantire la libertà religiosa. E il perdono è l’arma vincente per insegnare all’oppressore; ma non dimenticare e non punire: chi subisce un’ingiustizia, deve lottare per far valere i propri diritti e difendere la propria dignità che è un dono di Dio. Perdono non vuol dire impunità, ma giustizia e memoria.
Ditemi se le parole dette da Francesco non rispecchiano ciò che ci insegnano le parole del Profeta, che Dio lo benedica. E sono parole che si basano, lo ripeto più volte per chi non vuol capire, o non ha inteso, sull’intesa del 2019 e sull’incontro ancora più importante tra al-Malik e Francesco.
Per questo devono interessare anche a noi, e dovremo tendere la mano a quelli che seguono quest’uomo, per far sì che l’odio e il razzismo dilagante anche nella nostra comunità e non solo in Italia, possa svanire con la conoscenza reciproca e il rispetto di entrambi. Prendere in considerazione la sua lettera e farla leggere e discuterla nella nostra comunità, in modo da avvicinarci ed eliminare con gesti e atti veri di fratellanza quella non conoscenza voluta dalla politica debole, cui serve un nemico per vincere perché povera di contenuti e asservita a chi vuole sfruttare noi e loro. Mi piace finire con una frase di Francesco: “Essere quella gentilezza che fa sì che le persone colpite da essa, possano diventare stelle in mezzo l’oscurità.”